https://www.lafeltrinelli.it/libri/agostino-spataro/257930
domenica 30 settembre 2018
mercoledì 5 settembre 2018
NOTIZIA SULLA VILLA- CASTELLO DI JOPPOLO GIANCAXIO
…..stemmi Alliata entro rombi a rilievo sul prospetto, che
ricordano anche le mattonelle con il monogramma bernardiniano del palazzo avito
di via Bandiera. Senza soffermarsi troppo sui dettagli, si possono leggere
riferimenti ricavati da un attento studio delle principali evidenze del
Quattrocento palermitano, come anche dalla diffusa manualistica nazionale36 ,
da cui vengono tratti, alla maniera torinese, alcuni ipotetici ambienti, come
la splendida camera da letto padronale con letto a baldacchino (fig. 3), che
riprende negli arredi molte delle tipologie elencate nel catalogo descrittivo
di Torino, ma con accenti del tutto personali frutto, ancora una volta, del
sodalizio tra l’architetto Palazzotto e il cavaliere Luigi Alliata, che vi
volle apporre il proprio nome indicandosi come il direttore nel 1897, a
dimostrazione di quanto si identificasse con il progetto e in che misura vi
tenesse37 . Si ritiene che lo stesso fenomeno di attaccamento sarebbe avvenuto
nel nipote Fabrizio per l’antico palazzo, in cui quest’ultimo riversò amore,
tenacia e molte risorse, in qualche modo “giustificandosi” implicitamente e
lasciandone memoria tramite i motti in latino sul soffitto della Sala del
Quattrocento. La villa-castello dovette così divenire una sorta di prototipo-modello
per alcune famiglie aristocratiche palermitane “neofeudali”. Un altro esempio è
difatti il cosiddetto “castelletto” dei Colonna di Cesarò a Joppolo Giancaxio
(Agrigento), che Francesco Palazzotto realizzò nel 1894 38 per Giovanni Antonio
Colonna, duca di Cesarò e signore di Joppolo, all’epoca di minore età,
discendente dagli antichi fondatori del paese e figlio di Calogero Gabriele
Colonna39 . Anche in quel caso si trattò di camuffare abilmente un vecchio
casolare rurale connotandolo con un grosso torrione, forse su immagine del
castello di Carini, con cornice di coronamento guelfa esattamente come a villa
Pietratagliata. Nel medesimo solco e sempre nell’Isola, ma fuori Palermo, sono
esemplificativi anche i restauri del castello di Caccamo (Palermo), perpetrati
dal principe di Galati Giuseppe de Spuches40 , il castello di Donnafugata a
Ragusa, degli Arezzo41 , e il castello di Falconara a Butera (Caltanissetta)
che apparteneva ai Chiaramonte Bordonaro, congiunti di Luigi Alliata42 . Non
meno importante, e sintomatico del diffuso clima comune a molte famiglie
aristocratiche cittadine, fu il coevo contributo del mobiliere, artista,
decoratore e antiquario Andrea Onufrio (1828-1908) cui si deve una molto
interessante produzione, del tutto originale, di mobili neomedievali rivestiti
in osso (simulante l’avorio) ove sono continui rimandi storici alla genealogia
della corona normanna e alle radici della storia della “Nazione Siciliana”....
da "Palazzo Termine Pietratagliata tra tardogotico e neostili : archivi, cantieri, protagonisti a Palermo " di Massimiliano Marafon Pecoraro, Pierfrancesco Palazzotto, Maurizio Vesco ; presentazione di Maria Concetta Di Natale ; fotografie di Alberto Forte
Editore: Flaccovio, Palermo, 2013.
sabato 1 settembre 2018
lunedì 11 giugno 2018
sabato 2 giugno 2018
GLI UCCELLI, I PRIMI RE
(un racconto di Agostino Spataro)*
Uccelli di casa mia (foto a.s.) |
... Joppolo Giancaxio (Ag) é divenuto un paese-voliera, un esempio della grande contraddizione che tormenta il sud italiano: essere al contempo luogo di emigrazione e d’immigrazione, senza giovani e con molti uccelli. A chi il futuro? Agli uccelli o a qualche famiglia di rumeni? Avremo per sindaco un pettirosso? Magari! ...
1...
L’uomo sembra
aver perduto l’abitudine, il piacere di guardare il cielo. Sempre più
prigioniero del delirio urbano, l'uomo ha modificato la sua relazione con il cielo.
Prima in esso cercava la guida per i suoi viaggi, i segni del suo destino. Oggi
l’ignora. Quasi nessuno si ferma a osservare i fenomeni, le congiunzioni
astrali, le evoluzioni del padre sole, della sorella luna…
Nemmeno
i poeti e gli amanti, a quanto pare. I nostri orizzonti sono diventati corti, stantii, fatti
di carta e di latta luccicante. Guardiamo al suolo e, ancor più, al sottosuolo
che bramiamo penetrare, devastare per trarne veleni e torbidi profitti.
Nel
cielo, nei cieli, nelle profondità abissali dell’universo si celano i misteri
delle nostre origini e le residue speranze della sopravvivenza dell’umanità.
La
perfidia e l’imbecillità degli uomini stanno distruggendo il pianeta in cui
viviamo. Si dovranno cercare altri mondi. Li stanno cercando… nel cielo
infinito.
Per
altro, c’è da dire che da quando l’uomo non guarda più il cielo si perde il
grandioso, enigmatico fluire delle notti e il meraviglioso spettacolo che di
giorno offrono gli uccelli.
E
degli uccelli desidero parlare, di questi esserini fragili e gai che possiedono la facoltà più ambita, a noi preclusa: la libertà di volare con le proprie ali. Gli uccelli, nostri diffidenti compagni di vita, che abbiamo rinnegato, separandoci da loro, forse, per sempre.
Eppure,
sono sempre lassù sugli alberi, sui tetti, sulle cime delle colline. Nel cielo possibile.
Come noi, prima di noi, abitano la Terra di cui hanno bisogno
per vivere. Partono e ritornano. Volano ma poi atterrano per cercare acqua e cibo.
Per nutrirsi.
Da
quando è mondo, osservare il volo degli uccelli è stata un’attività ricreante e
assai proficua.
Gli
oracoli interpretavano il volo per predire le sorti di una guerra, di un
viaggio, di un amore. Il genio di Leonardo per captarne il principio e
costruire una macchina volante: l’aereo che giunse dopo quattro secoli.
Altri,
come noi, per il mero diletto.
2...
Osservando la vita
degli uccelli viene da chiedersi: è davvero bella, spensierata come appare?
Già
nell’antichità, l’interrogativo circolava. Aristofane[1] lo
mette in bocca a Pisitero che lo rivolge all’upupa, la quale così rispose :
“Beh! Non ce la passiamo male. Per prima cosa qui si deve campare senza porta-foglio…
Ci nutriamo nei giardini di sesamo bianco, di mirto, di papaveri, di fichi…”
Senza
tanto scomodare i classici, si può dire che gli uccelli sono naturalmente
felici. Perché hanno le ali, volano.
Da
lassù, dalla fascia celeste a loro riservata, vedono il mondo, le cose terrene
da un punto di vista davvero invidiabile.
Sulla
felicità dei volatili concorda anche il dialetto siciliano quando per dire
vagabondare spensierati, usa “anciddriari” un verbo fascinoso e lieve che evoca
la bella vita degli uccelli (“anceddri”).
L’uccello
è felice, spensierato. L’uomo, da sempre, desidera imitarlo con esiti talvolta
disastrosi (Icaro). Anche metaforicamente, come consiglia Victor Hugo: “Siate
come l’uccello posato per un istante su dei rami troppo fragili, che sente
piegare il ramo e che tuttavia canta, sapendo di avere le ali.” Tutti felici
gli uccelli? Non proprio tutti.
Vi
sono quelli ancora vittime di una truce caccia, quelli davvero disgraziati,
chiusi in gabbia per il piacere degli sciocchi.
Qualche
volta, allo sbocciare della primavera, mi è capitato di vedere, lungo la
provinciale che porta al capoluogo, una rara razza di uccelli suicidi lanciarsi
contro il parabrezza dell’automobile e morire sfracellati.
E
dire che - sempre secondo Aristofane - gli uccelli furono i primi re. Ancora
Pisitero che parla:
“Perché tanta pena mi prendo per voi, che una volta
foste re…di tutto il creato, di me per primo, di Zeus stesso: voi siete i più
vecchi, nati prima di Crono e dei Titani e della Terra…
Esopo raccontava che l’allodola era l’uccello nato
prima degli altri, ancora prima della Terra. Poi il padre le morì di malattia:
siccome non c’era la Terra ,
rimase esposto quattro giorni. Lei non sapendo come fare, per la disperazione,
seppellì il padre nella sua testa…” (* op. cit.)
Che
forza la mitologia ellenica!
Riesce
a trasformare la piccola testa di un uccello da sede del pensiero in sepolcro,
in luogo di morte, come nel caso del padre dell’allodola, o in utero divino, in
luogo di vita, la testa di Zeus da cui nacque Atena, per
partenogenesi.
Foto da Google |
3...
Torniamo alla
realtà dei nostri uccelli che vediamo scorazzare nel cielo plumbeo di questo
nuovo secolo che si preannuncia alquanto incerto per tutti gli abitatori del
Pianeta, in larga parte avvelenato.
A
Realturco (**) il numero dei volatili supera certamente quello degli umani. E
non potrebbe essere altrimenti visti anche i ritmi e le dinamiche riproduttive
assai divaricanti: gli uccelli crescono e gli umani
decrescono. Una decrescita preoccupante, confermata dalla fredda statistica che evidenzia un pesante saldo demografico negativo che fa temere, addirittura, per la continuità del ciclo vitale.
Nemmeno l’arrivo di gruppi d’immigrati è riuscito a
compensare il divario, a bloccare la grave tendenza, rafforzata anche dalla ripresa
dell’emigrazione dei giovani del luogo.
E così, il nostro borgo si sta trasformando in una
sorta di paese-voliera che potrebbe molto interessare la benemerita
associazione detta “Lipu”.
Realturco é un
piccolo campione di una contraddizione più grande e diffusa che tormenta il sud
italiano: é, al contempo, luogo d'emigrazione e
d’immigrazione. Paesi condannati a vivacchiare senza giovani e senza speranza
e con molti uccelli.
A
chi il futuro? Agli uccelli o a qualche famiglia di rumeni?
Avremo
per sindaco un pettirosso? Magari!
A
volte penso che se estendessimo il diritto di voto anche ai volatili
probabilmente gli umani perderebbero il monopolio del governo delle città e degli
Stati. Potremo abituarci a condividere il potere con loro? Almeno per il
momento, siamo lontani da una “democrazia totale” ossia rappresentativa della
totalità degli esseri viventi sul Pianeta. In caso affermativo, gli uomini
perderebbero il primato!
Pazienza.
Visto che, per altro, lo abbiamo esercitato male.
4...
Il paese e le
campagne intorno sono divenuti rifugio e campo di baldanzose scorrerie per
migliaia di passeri, piccioni, colombe, pipistrelli, rondini, gazze,
fringuelli. È ricomparsa perfino la cinciallegra. Per il mio diletto. Una
mattina di qualche anno fa, interruppi il lavoro perché attratto dal canto
melodioso di una coppia di cinciallegre che amoreggiavano sui rami del nespolo.
Che
spettacolo! E quanta invidia!
Il
progresso economico, il benessere piuttosto diffuso, hanno favorito l’innalzamento
dell’età media, le aspettative di vita degli umani.
Anche
gli uccelli ne avranno usufruito. In genere, vivono più a lungo, muoiono di
vecchiaia, (nel “proprio nido” si potrebbe dire), poiché dispongono di più
cibo e sono meno esposti alle truci pratiche venatorie.
Il
pericolo più grave, esiziale per i volatili sono gli effetti nocivi
dell’inquinamento, dei pesticidi.
A differenza dell’uomo, costretto a vivere con i piedi per terra, loro possono volare e così attutire il danno derivato dai focolai d’infezione.
A differenza dell’uomo, costretto a vivere con i piedi per terra, loro possono volare e così attutire il danno derivato dai focolai d’infezione.
Nel
mio quartiere, dove c’è ancora un po’ di verde, gli uccelli la fanno da
padroni. È vero: creano qualche inconveniente pratico.
Tuttavia,
la loro presenza ci diletta e ci conforta. È una buona notizia: vuol dire che l’inquinamento
non ha raggiunto livelli insopportabili per la vita degli uccelli. E per la
nostra.
Fra
gli “stanziali”, la famiglia prevalente è quella dei passeracei che nidificano
sugli alberi, sotto i “canala” (tegole) delle vecchie case, e si riproducono in
numero davvero impressionante.
Importante
è anche la presenza degli “stagionali”. Fra questi le rondini che, a volte, attendiamo
con ansia nei primi giorni della primavera.
E se tardano, le coscienze più sensibili se ne preoccupano. Per fortuna, sono sempre arrivate.
Finché
arriveranno le rondini c’è speranza, poiché la loro presenza denota una
condizione ambientale accettabile, vivibile.
5...
Vi sono poi altri
gruppi di volatili benvoluti o invisi, secondo il punto di vista. In primis le
gazze (“carcarazzi”) che con la loro livrea nera e bianca svettano per eleganza
e intelligenza sopra altri gruppi consimili quali merli, corvi e “ciaule”.
Foto da Google |
Queste
ultime (ciaule) costituivano una colonia numerosa e rumorosa, insediata sulle
pareti e negli anfratti della rocca del Duca.
Ogni
sera, le vedevamo apparire in stormo sul villaggio. All’ora del vespro, quando
le tenebre iniziano ad accecare il giorno. Come una nube scura, s’interponevano
fra il sole morente e il paese assorto negli odori fumanti del pranzo serale.
Messaggere
delle ombre, volavano a bassa quota e, con voce contratta, gracchiavano la loro
solita canzone.
Ho chiesto in giro notizie circa la provenienza di
questi bei volatili. Un uomo molto vecchio mi rispose che prima, quando lui era
bambino, le ciaule: “Nun si canuscivanu. Li purtà u Duca doppu la guerra ranni.
Da tannu sunnu cu nantri.”
Il Colonna non le avrà importate da luoghi lontani.
L’uccello doveva essere presente nei dintorni, visto che Luigi Pirandello
appioppò il nome di “ciaula” al protagonista di una sua famosissima novella (“Ciaula scopre la luna”).
Oggi,
le “ciaule” sono sparite dalla rocca del castello dopo che lo Stato ha voluto
spendere 700 mila euro per imbrigliare con reti metalliche la Rocca e… i loro nidi.
6...
Nel cielo lindo
volano anche pettirossi e qualche fringuello che nidificano nel folto fogliame.
Ultimamente, nella nostra piccola oasi é riapparsa una coppia di “cucucciute”. Uccelli rari, dal piglio elegante, simili all'upupa, sagace messaggera di re Salomone. (***) Non si vedevano da anni, le "cucucciute". Erano come sparite dalle nostre campagne. Temevo che si
fossero estinte. Invece, sono qui, timide, impacciate come ospiti inattesi, a
me molto graditi.
Fra
le due rocche volteggiano la ticcia, il “gufo” (cuccu) ossia il barbagianni,
un abile predatore, che insieme al pipistrello (surcivirdi) dominano la notte.
Volteggiano,
corrono per individuare la preda a quell’ora in sonno.
Poi
calano in picchiata e colpiscono a colpo sicuro. Presto spariscono con uno
sfortunato passero in bocca o fra gli artigli. Una, due volte, fino a quando
non si saziano.
Una
presenza caratterizzante, tanto da spingere i nostri vicini raffadalesi a
rifilarci il “cuccu” come stemma distintivo del paese.
Ci
chiamano “cucchi”, “paese di cucchi” così per celia, per sfottò. Forse, sottovalutando
la tenebrosa potenza che i superstiziosi e certi politici della “nuova era”
attribuiscono ai gufi.
Scherzi,
piccole scaramucce da campanile. Per parte nostra, abbiamo ricambiato la
cortesia chiamando Raffadali “paese du maccu” che non è un’ingiuria, ma solo
una gustosissima crema di fave.
Ogni
tanto, nelle campagne di Realturco, di Montefamoso si rivede, volteggiare
nell’alto del cielo, il falco pellegrino, predatore audace, preciso e spietato,
che attacca tutto ciò che si muove sul terreno o fra l’erba: serpenti, galline,
conigli, lucertole, ramarri, talvolta anche agnellini, ecc.
A
volte, vediamo apparire piccoli stormi di gabbiani stralunati.
Non
si capisce cosa spinge questi uccelli di mare, che si cibano di pesci, a sorvolare
queste lande d’arida argilla. Si saranno smarriti o vagano sospinti dalla
fame? Come se in questo nostro Mediterraneo, sempre più inquinato e affollato
di genti affamate, fosse scoppiata una terribile crisi alimentare.
7...
Un discorso a
parte meriterebbero i piccioni, le colombe. Sono troppi. Si sono impadroniti
dei solai, dei sottotetti, di ogni anfratto utile a nidificare. Da quando non
c’è più Litteriu che ne riempiva sacchi e carteddri per farne cibo (congelato)
prezioso per l’inverno, le colombe si sono moltiplicate a dismisura. Volano a
grandi stormi e vanno a posarsi sui campi seminati. Scavano, beccano con una
voracità impressionante, sistematica, precisa e ripuliscono i terreni senza
lasciare un seme.
Una
vera piaga per la nostra povera agricoltura. Guai seri per il contadino che
vede compromesso il raccolto.
E
così la colomba da messaggera di pace universale é divenuta protagonista di
una guerra spietata fra lei e il contadino. Gioie e dolori.
In
certi periodo dell’anno, passano i “grò” (le gru) in formazione triangolare. Vengono
dall’Africa, da un continente da cui tutti fuggono. Il loro viaggio sembra
essere di sola andata. In autunno, solo piccoli stormi si vedono passare in
senso inverso.
Forse,
per capire dove sta andando l’umanità dovremo tornare a interpretare il volo
degli uccelli e confrontarlo con le rotte dei migranti…
Di
nuovo oracoli e indovini per le vie del mondo… seguendo le rotte degli uccelli.
Eppure
vi sono alcuni che li vorrebbero sterminare. Forse, per invidia del loro
privilegio, per l’impossibilità d’imitarli.
Non
riesco a immaginare il mio giardino senza la cinciallegra, il pispisino, le
rondini che squittiscono sui fili del telefono.
Senza
più “Vicè”, il capo stormo delle gazze, con il quale praticamente parliamo
ogni mattina.
Senza
la folla di passeri annidati nel fogliame dei rampicanti che avvolgono la casa avita e la grande “Madre roccia”. Non capisco perché tanta gente cerchi altrove il
paradiso quando già ci vive!
(*) tratto dal libro “ I fiori del tempo ritrovato”
https://www.amazon.it/I-fiori-del-tempo-ritrovato/dp/8892325892
(**) Ioppolo Giancaxio
(***) Secondo il Corano, l'upupa riferì a Salomone di aver visto nel reame di Saba una regina (Bilqis) "alla quale é stata data ogni cosa e che ha un trono magnifico..." (in "La notte dello sceicco" A. Spataro, 1994)
(***) Secondo il Corano, l'upupa riferì a Salomone di aver visto nel reame di Saba una regina (Bilqis) "alla quale é stata data ogni cosa e che ha un trono magnifico..." (in "La notte dello sceicco" A. Spataro, 1994)
[1]
Aristofane “Uccelli” Newton & Compton Editori, 2003.
giovedì 19 aprile 2018
BUDAPEST, sempre più difficile lasciarla.
Laghetto dietro Piazza degli Eroi |
Ancora contro il trattato di Trianon |
Sinagoga di Obuda |
Aquincum |
Kiscelli ut. |
Organetto |
La seducente bellezza della... pubblicità. |
Ingresso Palazzo reale di Buda |
Cortile Palazzo reale di Buda |
Due bionde al sole. Sotto il Danubio. |
Due turisti ebrei e... si vede. |
Ingresso al castello di Buda |
L'aquila imperiale e la spada |
Ponte delle Catene |
Cantinaaaaa |
Una via di Pest |
Il Danubio sotto il monte Gellert |
Villa nei paraggi di piazza degli Eroi |
Murale |
Quel che resta della...campagna elettorale |
No comment |
Piazza del Parlamento, manifestazione delle opposizioni dopo (perché non prima?) la clamorosa vittoria di Victor Orban. |
Sculture |
Sculture |
La luna sopra il Castello reale di Buda. |
La luna fra il ponte delle Catene e la chiesa di Matyas (a Buda) |
Il piccolo Marx. Tornerà "grande". |
(foto di Agostino Spataro, Budapest, aprile, 2018)
venerdì 30 marzo 2018
Iscriviti a:
Post (Atom)