"I FIORI DEL TEMPO RITROVATO"
Volume 1°-
INDICE
Il tempo delle meraviglie pag. 4
La
dance music: da New York a Realturco - “Pira nun facisti e mraculi vo fari ” -
L’uomo che portò il cinema a Realturco - Il venditore di fortuna - L’antro di
Abu Agim - Cubbaitara - I morti volanti - La radio - La viulata di san Jabicu -
Cristo tra le stoppie.
Il tempo ritrovato pag. 74
L’orto
dei meloni - L’onore perduto della cugina americana - Matrimonio notturno - Cu
voli grazii… - Mietitura - Cunsamu anelli, svegli e orecchine - Il fotografo
ambulante - Il compratore di ferro vecchio - U vanniaturi - Alcuni giochi
fanciulleschi - Capelli per pupe e spingule francesi - La crisi e le feste comandate
- Elogio della ficodindia natalina - Strattu di pumadamuri - Un viaggio in autobus.
Il tempo divinato pag. 144
Monte
Famoso - Le età dell’uomo - L’uomo che fermò il vento, ma non conquistò la
luna: 1° episodio “Dragunera”; 2° episodio “Prova d’ombra, ritorna la teoria
geocentrica” - L’humor nero di Peppi Sangiorgi - Bestemmie cifrate - Fritto
misto di…sangue - Family day, il dolore di una madre del Sud - Il ritorno del
padre - La corda lunga - Il respiro della Terra - Poesia dell’assurdo.
Il tempo incatenato pag. 202
Bellafana
- Il gatto congelato - La viscuglia, il raccolto dei poveri - Il pozzo di
Sofia: l’onore salvato, la figlia perduta - O mi maritati o mi mangiu a Gilormu.
Il tempo incoronato pag. 242
La
neo martire - Anche l’occhio di Dio vuole la sua parte - All’osteria di Papata
Giugia - Il passionista - La grande Madre roccia - L’eco vagante - Niculizia -
Gli uccelli, i primi re.
Il tempo malvissuto pag. 284
Il
cacciatore di pettirossi- Aritmetica mafiosa - Estrema finzione - Il supplizio
dell’omertà - Le cantatrici scalze di donna Bertina - Patruni e cumpagnu - Il
re del terremoto - Il cavaliere Lampasona.
Nota dell’Autore
La nostra storia (cenni)
1...
Realturco è un paesino
grazioso accucciato sopra una collina emergente al centro di un immenso
cratere, lungo la fascia che va dai templi di Agrigento alle prime propaggini
dei monti sicani.
Come
tanti altri in Sicilia e nel Meridione, purtroppo è un paese morente,
condannato dall’emigrazione storica e da quella attuale che si porta via i
giovani, soprattutto diplomati e laureati.
Paese
in prevalenza di anziani, sembra rassegnato ad affidare la sua speranza di sopravvivenza
non al naturale ricambio generazionale ma al modesto flusso d’immigrati.
Questo
l’identikit del paese, secondo i dati Istat, forniti dal Comune:
popolazione
1.248 abitanti (censimento del 2011). Nel 1922 era di circa 3.000 abitanti.
Rispetto a tale dato c’è una perdita del 59%.
La
decrescita non si è fermata. Oggi, il paese presenta un saldo demografico
assai negativo (-119) nel periodo 2002/ 15, durante il quale si sono registrati
258 decessi e solo 137 nascite. Il picco più preoccupante si è avuto nel 2014
con 5 nascite e 16 decessi.
Non
dovrebbe essere difficile capire che, di questo passo e se non s’interviene
adeguatamente, fra qualche tempo ci resteranno, come qui si dice, solo “gli
occhi per piangere”.
2...
Nell’attesa, e
sperando che la tendenza possa essere invertita, è utile ricordare alcuni cenni
alla sua storia desunti da libro “Ioppolo Giancaxio: fra storia e memoria” (del
1996) al quale rinvio.
Il
paese fu fondato nel 1696 da un rampollo della famiglia Colonna di Cesarò, nel
quadro di una nuova politica di ripopolamento dei feudi e dei latifondi siciliani.
L’obiettivo prioritario era quello di fornire ai proprietari, mediante i nuovi
insediamenti, manodopera a basso costo da sfruttare in maniera continuata.
Il
possesso di un maggior numero di feudi, di “anime” e di “fuochi”, serviva a
quell' aristocrazia, oziosa e assenteista, per assicurarsi un posto di rilevo
a corte e/o in parlamento e di vivere nel lusso delle loro sontuose dimore di
Palermo, di Napoli, se non addirittura, di Parigi.
In
Sicilia, nemmeno la sua formale abolizione (1812) fece scomparire il feudo e il
sistema socio-economico generato. Di fatto, sopravvisse fino al secondo
dopoguerra del 1900, anteponendosi al progresso, ritardando le conquiste
sociali e le riforme politiche importanti già in vigore in altre contrade
d’Italia e d’Europa. Tale storico ritardo spiega molti dei mali che ancora
affliggono la Sicilia
e i siciliani.
3...
Sulla realtà del
feudo non si è scritto abbastanza. Ancor meno si è fatto per informare, per
formare le coscienze delle generazioni post-feudali. Per liquidarlo ci sono
volute lotte gloriose di popolo e il sacrificio di contadini-eroi che caddero
sotto il piombo di una mafia barbara e servile. Anche il popolo del nostro
paesino partecipò, con esiti alterni, a questa epopea politica e sociale che
segnava il suo vero, primo rinascimento. Le terre del duca furono espropriate e
assegnate alle famiglie dei contadini senza terra i quali andarono perfino a
seminarle.
Un
ettaro a testa per 180 capifamiglia. La riforma agraria aveva trionfato anche
in questa landa desolata, dimenticata.
Contro
gli espropri dei feudi, le figlie eredi dell’ultimo duca Colonna di Cesarò e i
loro tirapiedi prezzolati usarono ogni astuzia, ogni inganno, ricorsero alle
violenze per far revocare i decreti prefettizi.
Purtroppo,
a causa di un banale (?) errore della cooperativa richiedente l’esproprio, le
eredi riuscirono nell’intento e vendettero le proprietà (terre e castello), in
fretta e furia, a un prete che agiva per se stesso e per conto terzi.
Quei
180 padri di famiglia assegnatari, furono costretti ad abbandonare i lotti già
seminati e con essi la speranza di una vita più degna. Quasi tutti emigrarono
all’estero a cercare lavoro e libertà: in Belgio, in Venezuela, in Canada,
negli Usa, in Argentina, in Australia perfino.
4...
Per circa un
millennio, la storia del feudo fu storia d’iniquità e di sopraffazioni, di miseria
e di sfruttamento dei ceti popolari, dei braccianti poveri e senza terra.
Perciò, meraviglia vedere dedicare al feudo, ai feudatari taluni organismi
pubblici comunali e intercomunali sovvenzionati con fondi della Repubblica
democratica, della Regione e/o dell’Unione europea.
Si
prova solo disgusto nel dover leggere che Ioppolo Giancaxio, Raffadali, Santa
Elisabetta, ecc. fanno parte del “Feudo d’Ali” come, improvvidamente, è stata
nomata l’Unione di comuni, uno dei tanti, inutili organismi associativi degli
enti locali. Se proprio si vuol dare un nome a un organismo pubblico bisogna cercare
non tra i nomi dei feudatari, ma tra quelli dei martiri e dei dirigenti che li
hanno combattuti.
Siamo
di fronte a una regressione culturale spaventosa. Evidentemente, si è passati
dalle terre incolte dei feudatari alle menti incolte dei moderni lacchè.
AVVERTENZA
Al
fine prevenire fastidi di sorta ho dovuto “trasferire” il paese e i personaggi
richiamati nel libro a Realturco ossia dalla realtà al mondo del fantastico,
dove spero non ci possano raggiungere le vespe terrane. Dichiaro che le
persone, i luoghi qui citati sono frutto della fantasia dell’autore il quale,
egli stesso, é un' invenzione del caso che passa e… guarda. Chiedo perdono ai
“trasferiti”, dei quali conservo un caro ricordo, per averli un po’
trasfigurati. Purtroppo, qualcuno ha voluto avvelenare il pozzo della memoria.
Ma non è difficile riportare queste “passate”e i loro protagonisti dal mondo
del fantastico alla realtà che molti conosciamo.
Storia
vecchia! Anche autori importanti quali Leonardo Sciascia e, oggi, Andrea
Camilleri hanno dovuto “trasferire” i loro paesi.
Nella mia opera di
“viscugliatore” ho raccolto tante “passate”, vere o in parte inventate. Troppe.
Perciò, ho dovuto fare una selezione in base a due valori semplici e fondanti:
dignità e indegnità. Sono
convinto che i narratori “allunghino” la vita dei loro personaggi. Non prometto
nulla ai miei. Desidero solo riservare tale privilegio a chi lo merita. Fra i
quali metto alcuni miei avversari politici che reputo degni di essere
ricordati. Chi non lo merita è giusto che scompaia fra i flutti dell’oblio.
Forse,
pubblicherò alcune delle storie scartate in un' edizione-verità, riservata e
non commerciale, in cui restituirò nomi e volti ai luoghi e ai personaggi. Questo
lavoro, costatomi una dura e lunga fatica e che dedico ai pochi neonati e ai
nostri tantissimi emigrati, vuole essere un contributo alla ricostruzione della
memoria collettiva, dell' identità culturale del paese. Nella stesura dei pezzi
ho usato spesso termini della parlata locale (la nostra “prima lingua”), per
renderli più fedeli alla realtà storica, al nostro sentire e modo di essere.
Ho lavorato in solitudine
per il mio diletto e anche per esigenze tera-peutiche, su consiglio del medico.
Insomma, non aspiro a premi, a riconoscimenti ma solo alla buona salute. Dopo
lo sforzo, abbiamo controllato i “valori” e risultano stazionari.
Chiedo
solo un po’ di comprensione per qualche imprecisione, errore, refuso che è
possibile incontrare. Quando non diversamente indicato, i pezzi devono
intendersi collocati fra la seconda guerra mondiale e gli anni ’70. Alcuni
racconti sono stati pubblicati, con altro titolo e, talvolta, con uno pseudonimo,
in vari giornali, fra cui “La
Repubblica”. Leggete, se volete. E volate in alto, sempre più
in alto, come gli uccelli di Aristofane,“i primi re”, evocati nel libro. E sarete
liberi. (a.s.)